Avrete già sentito parlare di beer firm, ovvero di aziende che prendono in “affitto” gli impianti di un birrificio per produrre la propria birra.
No Socks Beer nasce esattamente così. Abbiamo intervistato i fondatori, per farci raccontare come è andata.
Come è nata e quali esperienze hanno nutrito la vostra passione per la birra?
La passione per la birra artigianale è nata da un bisogno personale. La sperimentazione di cibi e bevande nuove ha sempre fatto parte di me, la ricerca di gusti buoni e genuini mi hanno fatto avvicinare alla birra artigianale circa 6 anni fa; ricordo che, vivendo a Riccione, una delle prime birre artigianali che assaggiai fu una Belgian Strong Ale di un birrificio molto famoso della zona.
Rimasi folgorato all’istante. Le cose che mi colpirono di più furono il corpo, così diverso e più consistente di qualunque birra avessi mai provato in precedenza, e le sensazioni olfattive che questa birra scatenava.
Da lì in avanti è diventata una vera e propria dipendenza, sfociata poi nella necessità di creare prodotti il più possibile vicini alle mie esigenze e quindi nell’ HomeBrewing.
Qual è la filosofia della vostra azienda?
Il nome della mia azienda è No Socks Beer.
Dal 2013 non porto i calzini(tranne quando faccio sport) perché voglio essere libero di essere libero, ma con estrema ricercatezza, proprio come la mia birra e chi la beve.
No Socks Beer rappresenta un modo di fare impresa e di fare birra: equilibrio e armonia tra gusto per la semplicità e materie prime ricercate.
Oggi abbiamo intervistato i ragazzi di Birra Riminese, scoprite cosa ci hanno raccontato.
Quando e come è nata l’idea di produrre birra artigianale?
Quando siamo rimasti “fregati”, come tanti, dall’acquisto del kit per fare le birre in casa, alla seconda cotta eravamo già lì a fantasticare sul nostro futuro birrificio.
Al momento il brassaggio delle vostre birre è appoggiato alla sala cottura del Birrificio RentOn. Esiste l’intenzione di diventare un birrificio a tutti gli effetti oppure rimarrete itineranti?
Uno dei mastri birrai proviene dal mondo della ristorazione, l’idea sarebbe quella di aprire un brew restaurant, con una piccola sala cottura dove produrre birre stagionali e particolari, continuando ad affidare le birre di punta ad un impianto più grande.
C’è un birrificio che vi piace particolarmente e con cui vorreste collaborare?
Foglie d’erba, per il sapiente uso dei luppoli e per l’utilizzo di resine e profumi del bosco provenienti dai boschi intorno al birrificio
La birra è una delle bevande più amate al mondo. Antichissima e largamente diffusa in tutto l’emisfero, è però al centro di alcune leggende.
Oggi sveleremo quali sono le dieci false credenze più famose sul mondo della vostra bionda preferita.
Il vino dopo la birra per non ubriacarsi.
In Germania esiste una credenza popolare che consiglia di bere vino dopo la birra, per evitare di ubriacarsi. Non è vero. Anzi, il modo migliore per bere birra senza arrivare a sbronzarsi è intervallare un bicchiere d’acqua dopo un paio di boccali. Questo servirà a diluire l’eccesso di alcol nel sangue.
La birra fa venire la pancia.
La pancia da birra non esiste, la nostra bevanda preferita infatti non fa ingrassare come si pensa. Ha un impatto calorico relativamente leggero. Un bicchiere da cento millimetri ad esempio ne contiene circa cinquanta, il vino invece il doppio. Ovviamente il discorso non vale per chi ne beve parecchia. Quindi togliamoci subito il dubbio: bere litri di birra fa ingrassare. Ma, nel paragone, chi beve molta birra ingrasserebbe di più se bevesse simili quantità di altri alcolici, come ad esempio il vino.
Troppa birra analcolica fa ubriacare.
Continuate ad ordinare birra analcolica per evitare di sbronzarvi? Ve lo diciamo chiaramente, la birra analcolica non può fare ubriacare. Infatti la quantità di alcol contenuta in questa bevanda è più bassa rispetto a quella che si trova in alcuni frutti, come ad esempio la banana. Però, bere troppa birra analcolica può causare eccessiva eccitazione.
Anche oggi una bella storia di un birrificio italiano. I ragazzi di Birra Radici ci hanno raccontato come è nata l’idea di produrre birra ad alta fermentazione, non pastorizzata e non filtrata, a Riccione.
Come inizia la vostra storia?
E’ iniziata da una passione comune per la birra, innanzitutto. Abbiamo cercato di sviluppare un prodotto sul territorio locale con un’eccellenza nella materia prima. Questo è dimostrato dalla nostra birra, che si differenzia dalle altre e rispetta veramente le caratteristiche che promette.
Qualche settimana fa abbiamo partecipato a Beer Attraction, l’evento fieristico dedicato alla birra artigianale svoltosi a Rimini. Lì abbiamo avuto occasione di incontrare alcuni piccoli birrifici come Costa Est, una realtà marchigiana appena nata ma già molto attiva.
Abbiamo fatto una chiacchierata con Alessandro e Simone e ci siamo fatti raccontare qualcosa in più sulle loro birre. Leggete qui, se siete curiosi.
Qual è la filosofia di Costa Est? Quali sono i caratteri distintivi del birrificio?
Costa Est nasce per produrre ottime birre nel rispetto della tradizione cercando allo stesso tempo il rinnovamento; non accontentarsi mai e mettersi sempre in confronto e in discussione con il mondo. Il nome vuole indicare chiaramente da che parte stiamo dell’Italia; siamo la prima BrewFirm di Pesaro, nelle Marche.
Alle spalle ci sono anni di passione, di studio da autodidatti e tanta sperimentazione. Tutto ebbe inizio nel garage di casa di Alessandro, con pentole e attrezzi auto costruiti, poi nell’appartamento dei nonni di Simone con un impianto pilota professionale ed infine ospiti su l’impianto di un birrificio sempre della provincia, in attesa del nostro.
Le birre riflettono ciò che abbiamo bevuto in passato, cercando di ripresentarlo e personalizzarlo, inseguendo sempre il bilanciamento perfetto. Vogliamo stupire ma allo stesso tempo emozionare.
Estro e rigore sono le due parole chiave che ci distinguono, dal loro equilibrio dipende la buona riuscita del prodotto.
Qual è la soddisfazione più grande per chi fa birra?
Vedere negli occhi delle persone un’emozione. E’ un lampo piccolo seguito da un sorriso. In quel preciso istante sai che tutto il lavoro fatto ha avuto un senso. La felicità nei volti delle persone che hanno bevuto la tua birra, è un qualcosa che difficilmente si può spiegare a parole, ma è un qualcosa che ci riempie di orgoglio e ci fa capire che siamo sulla strada giusta.
C’era una volta un birrificio artigianale, a Bologna. Si chiamava, e si chiama ancora, Bellazzi. Noi oggi li abbiamo intervistati per farci raccontare la loro avventura. Leggete qui cosa ci hanno detto.
Come è nata la vostra azienda?
Siamo amici da tanti anni, la passione per la birra artigianale è nata successivamente. Quasi da subito ci è venuta voglia di provare a farla direttamente, quindi siamo diventati homebrewers. Il passo successivo, diventare una beer-firm, è avvenuto dopo aver fatto esperienza da autodidatti e aver seguito diversi corsi diretti alla degustazione e alla produzione di birra. In particolare ci è servito parecchio il corso dell’Università di Udine tenuto dal prof. Stefano Buiatti, mirato alla gestione di un microbirrificio, sia per quanto riguarda la produzione che la parte più burocratica.
L’intenzione iniziale, in realtà, era partire direttamente con un impianto di proprietà, purtroppo però le condizioni imposte dalle banche in quel momento non lo consentivano. Davanti alla scelta tra rimandare tutto ad un altro momento e partire come beer-firm nell’attesa di poter acquistare un impianto nostro, abbiamo scelto la seconda opzione.
Portale Birra ha intervistato i ragazzi di MC-77. Se ancora non li conoscete, questa è una buona occasione per leggere quello che ci ha raccontato.
Il vostro birrificio si chiama mc-77. Cosa significa?
Nella scelta del nome ci siamo ispirati alla statale 77 lungo la quale nasce il birrificio e che negli anni universitari, trascorsi a Roma, percorrevamo per raggiungere il nostro “birrificio casalingo”.
Non è la famosa route 66 che in passato ha accompagnato i sogni di intere generazioni ma per noi è una strada a suo modo epica.
MC è la sigla della nostra provincia, Macerata, ma anche le nostre iniziali, Matteo e Cecilia.
Abbiamo intervistato i ragazzi del Birrificio La Buttiga, leggete cosa ci hanno raccontato sul loro percorso, dagli inizi fino ad oggi.
Il vostro slogan è “Bevi come un Toro”. Qual è la storia del vostro birrificio?
Dal settembre del 2011 facciamo birra in un’antica corte dell’800 ed aspettiamo che il mosto fermenti all’ombra del frutteto che ci circonda.
Siamo in quattro, Nicola, Stefano, Luca e Isacco. E cerchiamo di dividerci i numerosi compiti che il fare birra artigianale ci procura!
Una degustazione da noi può proseguire fino al giorno successivo grazie al B&B ricavato nella corte dove produciamo.
Quali sono gli ostacoli che avete incontrato sulla vostra strada? Come li avete superati?
Tralasciando burocrazia e tasse, che coinvolgono tutta l’imprenditoria e risulteremmo un po’ noiosi!
Grossi ostacoli non ne abbiamo incontrati…i principali ce li siamo un po’ “fatti in casa” per mancanza di esperienza. Tutti superati con olio di gomito ed esperienza fatta strada facendo!
Questa settimana abbiamo intervistato i ragazzi di Vento Forte, un Birrificio di Roma nato da pochissimo tempo ma che già si è conquistato una buona dose di apprezzamenti.
Scopriamo qualcosa di più su di loro e le birre che producono.
Il protagonista del mese di aprile, secondo Portale Birra, è il Birrificio Lariano.
Li abbiamo intervistati, per conoscerli meglio.
Quali sono i caratteri distintivi del birrificio?
Una delle caratteristiche del nostro birrificio è la produzione sia di bassa che di alta fermentazione. E il fatto che spaziamo in stili e tipologie molto differenti tra di loro.
Qual è la giornata tipo di chi produce birra?
La mia giornata tipo inizia 7,45 e termina….non si sa!
Faccio praticamente di tutto, dalla produzione al confezionamento, dalle telefonate con i clienti alla consegna della birra. Senza dimenticarmi di svolgere pratiche meramente burocratiche.